È passato tanto tempo dall’ultima
volta che ho scritto qualcosa di mio. E per mio, intendo qualcosa che mi è
dentro. Ultimamente ho parlato molto di politica, di storia, di cultura, ma di
me non ho parlato mai. Inizio a domandarmi come mai ho smesso di farlo. Credo
sia stato perché ho smesso di soffrire. Per me scrivere è sempre stato un modo
per combattere il dolore, o per nasconderlo. Nell’ultimo anno invece non ne ho
sentito mai il bisogno. È bello sapere di non aver più sofferto. Ma ora sto
scrivendo, di nuovo.
Alle volte la vita
semplicemente non ci sta a fare il tuo gioco. Uno passa mesi, anni, convinto di
qualcosa. E lavora per quel qualcosa. Lo fa talmente suo da non avere più tempo
ed energie per nient’altro. E poi accade che le convinzioni cambiano. Cambiano
le direzioni, cambiano i desideri.
È così difficile
ricominciare da capo. È così difficile lasciarsi pezzi di vita alle spalle e
mettersi al lavoro per qualcos’altro. Ci si sforza di cercare un ultimo
appiglio, di convincersi che forse non è cambiato poi molto, e si può restare
sulla stessa strada. Ma in fondo si sa che la strada che abbiamo percorso,
nonostante la passione, e l’amore, e l’impegno, e la forza che ci abbiamo
messo, si sta lentamente ricoprendo di sabbia. Non la si vede quasi più.
Fa male. Fa male da morire
voler tornare indietro e non trovare più la strada. Fa male da morire avere la
sabbia negli occhi e il vento contro. Fa male da morire anche lasciarsi
trasportare nella direzione opposta, perché non si sa se è quella giusta. Ma lo
sappiamo mai davvero?
Ogni volta che ho preso una
nuova strada, o che mi sono lasciata trasportare sulla strada di qualcun altro,
non sapevo mai se fosse quella giusta. Eppure andavo, e andavo, e andavo. Forse
è tutto questo andare che ci rende ciò che siamo, e forse il vento che ci
spinge via lo fa perché è ora di andare, di cambiare. Forse.
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