venerdì 26 settembre 2014

Home is where your heart is.

A poco più di due settimane dal mio trasferimento Oltremanica, credo sia arrivato il momento di tirare un po’ le somme.
Lo shock iniziale si viene piano piano superando, uno shock che potrebbe essere del tutto ingiustificato se non si tenesse conto del fatto che ho lasciato gran parte del mio cuore a casa.
Ciò che amo più di quanto io abbia mai amato o possa mai amare, è infatti a 1746 chilometri da me, e ogni volta che ci penso sento 1746 coltellate.

E’ strano come la vita faccia sempre il suo corso e tenga così poco conto di quelli che sono i sentimenti, è strano come sia veloce il passaggio dall’essere la persona più felice e completa al mondo all’essere la più spaventata.
Non sono mai stata una che teme le distanze, anzi prendere le distanze è ciò che ho fatto praticamente per tutta la vita. E ora che vorrei essere più vicina che mai, semplicemente non posso.
E’ difficile lavorare alla costruzione del proprio futuro quando si ha la consapevolezza che il nostro presente debba essere da qualche altra parte, ma a consolarmi e a darmi un po’ di forza è l'idea che al mio presente manchi solo qualche mese, forse anno. E nonostante ogni ora che passa io la senta come un secolo, so di essere forte abbastanza da poter andare avanti. Lo sono sempre stata.

Credo che il coraggio non sia qualcosa che appartenga a chi non ha nulla da perdere, ma piuttosto qualcosa che appartiene a chi potrebbe perdere ciò che ha di più caro, ma si sforza comunque di non mollare. Potrei quindi definirmi coraggiosa? Non lo so. Al momento mi ritengo solo scared to death e ogni mattina mi sveglio con la speranza di aprire gli occhi ed essere a casa mia, di sentirlo respirare accanto a me. E Dio solo sa quanto faccia male aprire gli occhi ed essere da soli, a 1746 chilometri. 1746 coltellate.

Credo che esista per ognuno di noi un posto, e che tutto ciò che facciamo nella vita, tutte le decisioni che prendiamo, le scelte che facciamo, non siano altro che il nostro modo di vagare alla ricerca di questo posto. Alla ricerca di noi stessi. Le complicazioni arrivano quando il luogo che consideriamo come nostro non è un vero e proprio luogo, quanto piuttosto una persona. Ed è a quel punto che definiamo come “casa” qualsiasi luogo coincida con quello in cui si trova questa persona.
Fa male non essere a casa. Fa male dover mettere il proprio cuore in stand-by e passare ogni giorno a prepararlo a quel momento, al momento in cui si sarà di nuovo lì, ovunque questa esso sia. Fa male sapere che quel momento non durerà abbastanza, che nessun momento potrebbe mai durare abbastanza. Ma accetto questa mia tristezza, questo mio dolore, e ne sono quasi contenta, perché a soffrire davvero è chi non può capire quanta verità ci sia nelle mie parole.

Spero che l’Inghilterra abbia grandi sorrisi da regalarmi.

Spero che l’Inghilterra possa diventare casa.

Home is where your heart is.

lunedì 15 settembre 2014

Castelli di rabbia

Gli erano entrate negli occhi, quelle due immagini, come l’istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata.
Se le sarebbe portate dietro per sempre. Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand’è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell’immagine, da quel suono, da quell’odore. Alla deriva.


Castelli di rabbia, Alessandro Baricco