lunedì 9 maggio 2016

L'eterno ritorno.

È passato tanto tempo dall’ultima volta che ho scritto qualcosa di mio. E per mio, intendo qualcosa che mi è dentro. Ultimamente ho parlato molto di politica, di storia, di cultura, ma di me non ho parlato mai. Inizio a domandarmi come mai ho smesso di farlo. Credo sia stato perché ho smesso di soffrire. Per me scrivere è sempre stato un modo per combattere il dolore, o per nasconderlo. Nell’ultimo anno invece non ne ho sentito mai il bisogno. È bello sapere di non aver più sofferto. Ma ora sto scrivendo, di nuovo.

Alle volte la vita semplicemente non ci sta a fare il tuo gioco. Uno passa mesi, anni, convinto di qualcosa. E lavora per quel qualcosa. Lo fa talmente suo da non avere più tempo ed energie per nient’altro. E poi accade che le convinzioni cambiano. Cambiano le direzioni, cambiano i desideri.

È così difficile ricominciare da capo. È così difficile lasciarsi pezzi di vita alle spalle e mettersi al lavoro per qualcos’altro. Ci si sforza di cercare un ultimo appiglio, di convincersi che forse non è cambiato poi molto, e si può restare sulla stessa strada. Ma in fondo si sa che la strada che abbiamo percorso, nonostante la passione, e l’amore, e l’impegno, e la forza che ci abbiamo messo, si sta lentamente ricoprendo di sabbia. Non la si vede quasi più.

Fa male. Fa male da morire voler tornare indietro e non trovare più la strada. Fa male da morire avere la sabbia negli occhi e il vento contro. Fa male da morire anche lasciarsi trasportare nella direzione opposta, perché non si sa se è quella giusta. Ma lo sappiamo mai davvero?


Ogni volta che ho preso una nuova strada, o che mi sono lasciata trasportare sulla strada di qualcun altro, non sapevo mai se fosse quella giusta. Eppure andavo, e andavo, e andavo. Forse è tutto questo andare che ci rende ciò che siamo, e forse il vento che ci spinge via lo fa perché è ora di andare, di cambiare. Forse.