venerdì 11 ottobre 2013

Parole per anime perse - Lampedusa

Anni fa ho dato l’esame di licenza media nella scuola italiana di Asmara in Eritrea. Mi ero trasferita lì pochi mesi prima e ricordo che il giorno del colloquio orale il presidente della commissione mi chiese cosa mi fosse rimasto particolarmente impresso di quel paese. Risposi che a colpirmi erano stati i sorrisi. Mi sembrava assurdo e allo stesso tempo meraviglioso come persone che non hanno nulla, che soffrono, che non hanno la protezione di nessuno, che sono ogni giorno vittime di soprusi, violenze, intimidazioni, fossero in grado di sorridere così tanto.
Ho vissuto in Eritrea per due anni e lì ho alcuni dei miei migliori ricordi, così come dei peggiori. Lì è rimasta gran parte del mio cuore e quando sono venuta a conoscenza dell’ennesimo barcone di profughi la cui sorte non è stata delle migliori, una parte di me è morta insieme a loro.
La tristezza e il dolore iniziali si sono trasformati in rabbia e rancore nei giorni a seguire, leggendo nel web notizie come “stupratori a bordo: ecco chi salviamo” o commenti di politici e gente comune contro l’immigrazione di queste persone.
Ecco, vorrei iniziare facendo notare a tutti che la presenza di uno stupratore sulla nave – sempre che la notizia sia fondata – non giustifica la mancata risposta alla richiesta di aiuto di migliaia di persone né tanto meno la loro morte.
A coloro che sbuffano ogni volta che si viene a sapere dell’arrivo di un nuovo barcone di profughi vorrei invece chiedere di andare nella più vicina agenzia viaggi e prendere un biglietto per quei paesi, di fare la valigia e partire, camminare tra quella gente, parlarci, ascoltarla, vedere come vive e, soprattutto, vedere come muore. Poi, a “vacanza” finita, vorrei chiedere cosa ne pensano, vorrei sapere COSA GLI PASSA PER LA TESTA DOPO AVER VISTO LE CONDIZIONI DI VITA DI PERSONE CHE NON HANNO FATTO NULLA, ASSOLUTAMENTE NULLA, PER MERITARSELO.


Questo genere di persone, però, non è nulla rispetto ai finti buonisti, agli ipocriti sempre pronti a scuotere la testa con sdegno e a dire quanto ciò sia vergognoso e ingiusto, quanto gli dispiaccia, per poi tornare a vivere la propria vita come se nulla fosse, come se quella gente non esistesse.
Se ogni giorno muoiono migliaia di persone nei paesi del terzo mondo, o migliaia di immigrati che cercano la salvezza nei paesi sviluppati e in via di sviluppo, è soprattutto colpa vostra. E’ colpa di voi che vi lamentate ma non agite, di voi che fingete che sia normale, che è così che debbano andare le cose, di voi convinti che non siamo tutti uguali. E’ colpa vostra perché chiudete gli occhi davanti a un mondo che cade sempre più in basso, è colpa vostra perché insieme si potrebbe fare tanto, ma continuate a lasciare che i “grandi” e i “potenti” mangino sulle spalle della povera gente.
Io non penso di essere Maria Teresa di Calcutta né il Mahatma Gandhi, ma penso che un cuore ce l’abbiamo tutti e che nel nostro piccolo possiamo fare tutti qualcosa, magari iniziare ad informarci e poi, magari, aiutare, in qualsiasi modo, che di modi per aiutare ce ne sono tanti.
Per concludere vorrei ricordarvi che dobbiamo ritenerci tutti fortunati, fortunati perché qualcuno ha deciso che noi siamo destinati a stare meglio di altri, ma vorrei anche ricordarvi che l’essere fortunati e l’essere egoisti e ipocriti sono due cose ben diverse, tutto sta nel capire da che parte stiamo.

Il mio cuore è con tutti coloro che sono morti su quella barca, tra quelle acque, durante il naufragio sulle coste di Lampedusa,
è con i miei amici dispersi e con quelli salvati,
è con le loro famiglie che hanno dato tanto per permettere loro di arrivare fin lì e forse non avranno più loro notizie,
è con chi ce l’ha fatta e sa quanto sia difficile andare avanti,
è con chi, in qualsiasi altra parte del mondo, soffre per gli errori di qualcun altro,

è con chi spera che le cose possano cambiare e si comporta di conseguenza.