A poco più
di due settimane dal mio trasferimento Oltremanica, credo sia arrivato il
momento di tirare un po’ le somme.
Lo shock
iniziale si viene piano piano superando, uno shock che potrebbe essere del
tutto ingiustificato se non si tenesse conto del fatto che ho lasciato gran parte del mio
cuore a casa.
Ciò che amo più di quanto io abbia mai amato o possa mai amare, è
infatti a 1746 chilometri da me, e ogni volta che ci penso sento 1746
coltellate.
E’ strano
come la vita faccia sempre il suo corso e tenga così poco conto di quelli che
sono i sentimenti, è strano come sia veloce il passaggio dall’essere la persona più felice
e completa al mondo all’essere la più spaventata.
Non sono mai
stata una che teme le distanze, anzi prendere le distanze è ciò che ho fatto
praticamente per tutta la vita. E ora che vorrei essere più vicina che mai,
semplicemente non posso.
E’ difficile
lavorare alla costruzione del proprio futuro quando si ha la consapevolezza che il nostro presente debba essere da qualche altra parte, ma a
consolarmi e a darmi un po’ di forza è l'idea che al mio presente manchi solo qualche mese, forse anno. E nonostante ogni ora che passa io
la senta come un secolo, so di essere forte abbastanza da poter andare
avanti. Lo sono sempre stata.
Credo che il
coraggio non sia qualcosa che appartenga a chi non ha nulla da perdere, ma
piuttosto qualcosa che appartiene a chi potrebbe perdere ciò che ha di più
caro, ma si sforza comunque di non mollare. Potrei
quindi definirmi coraggiosa? Non lo so. Al momento mi ritengo solo scared to death e ogni mattina mi
sveglio con la speranza di aprire gli occhi ed essere a casa mia, di sentirlo respirare accanto a me. E Dio solo sa quanto faccia male aprire gli occhi ed essere da soli, a 1746
chilometri. 1746 coltellate.
Credo che
esista per ognuno di noi un posto, e che tutto ciò che facciamo nella vita,
tutte le decisioni che prendiamo, le scelte che facciamo, non siano altro che
il nostro modo di vagare alla ricerca di questo posto. Alla ricerca di noi
stessi. Le complicazioni arrivano quando il luogo che consideriamo come nostro
non è un vero e proprio luogo, quanto piuttosto una persona. Ed è a quel
punto che definiamo come “casa” qualsiasi luogo coincida con quello in cui si
trova questa persona.
Fa male non
essere a casa. Fa male dover mettere il proprio cuore in stand-by e passare
ogni giorno a prepararlo a quel momento, al momento in cui si sarà di nuovo lì, ovunque questa esso sia. Fa male sapere che quel momento non durerà
abbastanza, che nessun momento potrebbe mai durare abbastanza. Ma accetto
questa mia tristezza, questo mio dolore, e ne sono quasi contenta, perché a soffrire davvero è chi non può capire quanta verità ci sia nelle mie parole.
Spero che l’Inghilterra
abbia grandi sorrisi da regalarmi.
Spero che l’Inghilterra
possa diventare casa.
Home is where your heart is.
Nessun commento:
Posta un commento