Ieri era il
compleanno di mia madre e, volendo passare il pomeriggio insieme, abbiamo
deciso di andare al cinema. Scorrendo la programmazione la scelta è ricaduta
quasi immediatamente sul film di Pif “La mafia uccide solo d’estate”, una sorta
di documentario romanzato sugli avvenimenti che hanno caratterizzato Palermo
degli anni ’80 e ’90.
A colpirmi è
stata innanzitutto la genialità della regia, capace di trasporre con sottile
ironia temi come le vicende legate a Cosa Nostra e facendo sorridere,
riflettere e commuovere allo stesso tempo.
Poi però ho
notato un’altra cosa, la quale mi ha terribilmente rattristata. Alla fine del
film, quando si sono accese le luci, avevo ancora le lacrime agli occhi e mi
sono guardata attorno per vedere se anche alle altre persone in sala avesse
suscitato lo stesso effetto. Beh, le altre persone in sala erano tre, una delle
quali un anziano intento a dormire profondamente. Mi sono detta “Vabè, è sabato
pomeriggio, chi vuoi che venga al cinema..” ma uscendo ho incrociato un fiume
di persone intento a comprare biglietti per i soliti cine-panettone e commedie
o uscire dalle sale dei suddetti film ridendo allegramente.
Ora, io sono
perfettamente consapevole del fatto che andare al cinema sia un momento di
svago e che ognuno abbia il diritto di scegliere cosa vedere, ma a preoccuparmi
è ciò che quanto è successo rappresenta. Il fatto che il 90% delle persone che
erano al cinema ieri abbiano scelto di vedere qualcos’altro, è l’emblema di ciò
che accade ogni giorno in Italia. Scelgono tutti di vedere qualcos’altro, o
meglio, di non vedere.
La mafia è
stato un problema ieri, è un problema oggi, ma non è detto che debba essere un
problema anche domani. Di certo vedere un film documentario a riguardo può
sembrare irrilevante, ma a spaventarmi è la totale mancanza di interesse.
Se tanti
giornalisti e scrittori hanno perso la vita, è perché la mafia ha paura
dell’informazione, è perché la mafia ha paura che le persone si rendano conto
di quanta influenza essa ha sulle nostre vite ogni giorno, quindi andare al
cinema a vedere Pif che ci racconta di Cosa Nostra a Palermo invece che Frank
Matano o Checco Zalone, sarebbe la prima cosa logica e giusta da fare.
Alla fine
del film mia madre mi ha guardata e ha detto “Sai qual è la cosa più triste? Che
non è cambiato niente” e mi ha fatto quasi impressione quanta verità ci fosse
in quelle parole. Non è cambiato niente perché pochi hanno davvero voluto
cambiare qualcosa, perché è più facile fingere che certe cose non esistano o
che non ci riguardino.
Ciò che ho
scritto non vuole essere una condanna, quanto piuttosto un invito a riflettere.
Non possiamo pretendere di vivere in un posto migliore se prima non diventiamo
noi stessi persone migliori.
“Per me da
bambino la mafia era lontana pur essendo dietro casa. Chissà quante volte ero
vicino a un mafioso, senza saperlo. Giocavo a calcio di fronte alla casa dove
Vito Ciancimino riceveva Provenzano: magari è arrivata qualche pallonata sulla
sua macchina. Il rischio è abituarsi. Se il negozio vicino a scuola prende
fuoco perché non pagano il pizzo, la prima volta fa impressione, la decima ti
abitui. E invece bisogna scandalizzarsi: abituarsi significa rassegnarsi.”
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